Vi siete mai divertiti giocando a Call of Duty come cecchini? Con la possibilità di colpire con un proiettile una persona a centinaia di metri di distanza? Oppure siete maggiormente fan dei film di guerra? E vi sembra magari più divertente la possibilità di usare delle armi a distanza minore e senza nascondervi? Per non parlare dei combattimenti. Qui credo di essere particolarmente inclusiva perché immagino che tutti, chi per attacco e chi per difesa, amerebbe sapere come schivare, colpire ed incassare un colpo, sia esso un calcio o un pugno. Kate, la protagonista della nuova pellicola Netflix, possiede tutte queste abilità e siamo pronti a vederla in azione.
Una corsa contro il tempo per vendicarsi (e per trovare una bevanda)
Non viene ben specificato cosa faccia Kate nella vita, ma senza alcun dubbio ha ricevuto un durissimo addestramento da spia e lo usa per compiere una serie di missioni assieme all’uomo che l’ha presa con sé dopo la morte dei genitori, Varrick. Durante una di queste subirà un trauma, essendo costretta ad uccidere un uomo davanti ad una ragazzina, Ani, e dopo dieci mesi da questo evento, Kate deciderà di abbandonare il suo mestiere. Sfortunatamente, come ci insegna il nostro compatriota Checco Zalone, lasciare il posto fisso non è mai una buona idea: la protagonista subirà di lì a breve un avvelenamento che la porterà alla morte entro 24 ore. Rimane quindi poco tempo per comprendere chi sia l’artefice di questo complotto ed eliminarlo, vendicandosi, prima della fatidica ora ed al contempo cercando una bevanda introvabile quanto gli Happy Hippo.
Kate è un film targato Netflix che riesce ad equilibrare il mistero e l’azione alla perfezione. I passi che Kate compie pian piano per risalire a chi la vuole morta sono coerenti e fluidi, senza alcuna fortuita coincidenza a darle una mano; l’obiettivo che vuole raggiungere le è chiaro e la protagonista non ha intenzione di farsi fermare da niente e nessuno. Nonostante, tuttavia, la trama prosegua bene, con suspense e un grande colpo di scena finale, non mancano dei piccoli difetti che sommati potrebbero rendere la visione un po’ più negativa. Analizziamo quindi i punti più salienti.
Il Giappone che non sempre ricorda il Giappone
Una delle caratteristiche più ambigue del film Kate è la sua location: il Giappone. Ci sono molti dettagli che riescono a trasportarci qui alla perfezione, come all’inizio quando c’è un piccolo easter egg, ovvero una pubblicità a Tokyo Ghoul sulla facciata di un edificio, oppure un concerto di idol, in cui una delle cantanti è vestita da maid (cameriere di alcuni tipi di café giapponesi). Durante una riunione vediamo addirittura una Geisha, vestita e truccata come da tradizione e pronta a servire uno dei suoi ospiti in quello che sembra un pasto altrettanto tradizionale: servito su un tavolo basso e non circondato da sedie.
Al contrario, una serie di altri dettagli ci spingono completamente al di là di questo luogo, cosa che andrebbe bene se non fosse che il realismo della pellicola ne risente. Ad esempio, durante un’ulteriore riunione, un uomo molto sottomesso al suo capo, mentre parla, usa il suffisso finale “san”. Per coloro che non hanno maestria della cultura giapponese, sappiate che quando si parla ad un interlocutore solitamente si aggiunge, appunto, un suffisso finale che ne delinea il rango rispetto al proprio. In questo caso, “san” si dovrebbe utilizzare in contesti relativamente più informali, oppure con una persona più anziana. Rivolgendosi ad un superiore sarebbe stato più corretto utilizzare “sama”. Forse sembra una banalità, ma, per intenderci, è un po’ come vedere un film in cui un alunno dà del “tu” ad un professore universitario: per chi è abituato agli usi e costumi giapponesi questa è una pecca.
È inoltre piuttosto fastidioso osservare come tutti, e dico davvero tutti, i personaggi conoscano alla perfezione l’inglese e spesso prediligano questa lingua alla propria. Voi parlereste inglese durante un pranzo in famiglia? Persino nella suddetta scena con la Geisha, quando Kate entra all’improvviso, le urla di andarsene in inglese ed essa comprende perfettamente. Siccome Kate conosce il giapponese, non vediamo proprio perché le abbia parlato in una lingua diversa. Le conversazioni ci sono anche in lingua originale, ma sono molte meno e spesso, addirittura, si svolgono in entrambi gli idiomi, con Kate che parla inglese e gli altri che rispondono in giapponese. Questo probabilmente è stato fatto per dare fluidità alla pellicola, visto anche che Kate è un film americano, ma se dobbiamo focalizzarci su ciò che accade effettivamente nell’opera, ciò suona davvero strano. Ogni tanto, invece, Kate decide di usare qualche termine giapponese, senza alcuna motivazione. Insomma, quest’ambiguità è risultata pesante e la maggior parte dei dialoghi risultano quasi insensati.
Kate: sei brava, sei fortunata, o fanno tutti schifo?
Le scene d’azione sono sicuramente un punto a favore della pellicola. Non solo sono ben dilungate nel tempo, rendendole poco pesanti e godibili, ma ce ne sono anche di tipi diversi, cosa che appassiona notevolmente lo spettatore: partendo da un inseguimento in auto, proseguendo con l’uso delle armi e con varie lotte corpo a corpo. È anche bello vedere come Kate sia in difficoltà durante le lotte: non è una Marie Sue perfetta ed imbattibile. Durante una regia in slow motion assistiamo ad una scena particolarmente cruda in cui la protagonista trancia delle dita ad un nemico. Kate è un personaggio freddo, incute rispetto e, da spettatori, proviamo esattamente questo. Quando minaccia è pronta a sparare a chiunque e la paura che innesca con uno sguardo, fidatevi, vi farebbe rivelare qualunque cosa.
Anche qui, però, non tutto fila liscio come l’olio. Sebbene Kate abbia avuto un addestramento da spia, ci sono varie azioni che compie che fanno dubitare del suo talento, e altre ancora che ci fanno credere che quando è in difficoltà la dea fortuna si levi la benda per aiutarla. È assurdo come in due scene molto vicine Kate, alla ricerca di un’auto per una fuga, ne trovi sempre una aperta a sua disposizione. Al contempo, non vedo come una, ripeto, spia addestrata, possa ritenere una buona idea fuggire dalla polizia su un’auto rosa ed in piena corsa. Forse era assente quando hanno spiegato cosa volesse dire non dare nell’occhio? Immagino che non lo sapremo mai. Anche durante una scena di sparatoria, come sia possibile che Kate contro dieci persone non venga ferita neppure una volta ha dell’incredibile.
“Tu sei una ragazzina”
Il rapporto tra Kate e la coprotagonista Ani subisce un’evoluzione piuttosto malata. In un primo momento Kate rapisce la bambina, mostrandoci nuovamente che il suo addestramento deve aver subito delle difficoltà tecniche. Quando le fa fare una telefonata non si preoccupa poi di gettare via il suo telefono (o almeno non ci viene mostrato mentre lo fa), cosa abbastanza pericolosa visto che una localizzazione è più che probabile considerata l’importanza della bambina. In un secondo momento decide di imprigionarla bloccandole le mani con dello scotch e mettendole uno straccio in bocca, peccato che la bambina abbia abbastanza mobilità da levarsi autonomamente lo straccio e mordendo lo scotch… Kate, sei brava nel tuo lavoro o sono gli altri a peccare un po’ d’intelligenza?
Andando avanti il rapporto tra le due si evolve, ma la piccola sembra prendere un po’ troppo a modello Kate, iniziando a minacciare chiunque con una pistola. Kate, rendendosi conto del pericolo, si distacca con la frase sopracitata: “Tu sei una ragazzina”. Considerando che è lei la causa di tutti i suoi problemi, forse è un po’ tardi per ricordarsi che una bambina non dovrebbe assistere a tutto ciò che ha vissuto lei? In più, il personaggio della bambina è mal strutturato alla base: minacciata costantemente da una pistola, dopo aver visto di cosa Kate è capace, come possa avere il coraggio di alzarle contro il dito medio e di insultarla è difficile da comprendere.
Conclusioni
Il film Kate non può essere definito brutto. Rientrando sotto le categorie “azione” e “thriller”, è perfetto da vedere se questi generi vi piacciono. La trama è avvincente, la curiosità aumenta pian piano che si guarda e la fine non delude. Durante la visione vi chiederete costantemente se Kate si vendicherà, ma soprattutto se riuscirà a sopravvivere. Le scene d’azione sono ben girate e ci fanno comprendere quanto effettivamente la protagonista sia forte e competente in ciò che fa. Se siete persone attente alle minuzie e fan della cultura giapponese, forse i piccoli dettagli che vi abbiamo menzionato potrebbero urtarvi, così come la coprotagonista che, a nostro avviso, è abbastanza odiosa. Al contrario, se volete passare una giornata in compagnia di una pellicola misteriosa, provando a mettere autonomamente i pezzi al loro posto (sfida piuttosto complicata), allora Kate fa per voi.
Speriamo che abbiate apprezzato questa recensione, ma naturalmente vi invitiamo a guardare il film su Netflix in modo che possiate farvi una vostra opinione. Sulla piattaforma sta anche per arrivar la nuova stagione di Sex Education, da non perdere (né la serie, né la nostra recensione). Continuate sempre a seguirci per novità ed approfondimenti su film, serie, manga, giochi e quant’altro sul nostro canale Telegram e sul nostro sito Kaleidoverse.
Kate è una pellicola che ha tanti aspetti positivi: l'azione ed il mistero sono ben strutturati, in grado di catturare lo spettatore per tutta la durata della pellicola. Sfortunatamente è un film che potrete vedere una volta sola: dopo aver risolto il mistero, la curiosità scema completamente, lasciando spazio solamente all’azione. Al contempo, non manca di piccoli errori che sarebbero stati evitabili con un pizzico d'attenzione in più. Nel complesso, la visione è consigliabile, ma per godervelo a pieno sarete costretti a sorvolare su parecchi punti che non rovinano la trama, ma vi faranno sorgere parecchi dubbi.