Con l’inarrestabile successo delle serie asiatiche, la Corea prende parte a un progetto che si stanzia già su una larga fetta di pubblico. La Casa di Carta: Corea presenta il giusto mix per per ottenere un’opera iconica, cavalcando l’onda del successo dei drama, dopo l’insuperabile Squid Game, e stanziandosi su una serie già nota. Questo, però, potrebbe alzare di molto l’asticella delle aspettative dello spettatore, il quale si aspetta uno show remake degno del suo nome. Avendo citato Squid Game è doverso parlare di Park Hae-Soo che vediamo nei panni di Berlino. L’attore ha già mostrato quanto sia eccellente la sua capacità interpretativa degli anti-eroi, in questo caso non manca di certo la possibilità di potersi mostrare ancor di più in quei panni. Con un atteggiamento freddo e distaccato, ma anche solo con le sue espressioni rende Berlino un personaggio ancora più misterioso.
La serie presenta una storia del tutto diversa dall’originale, infatti vediamo una Corea riunificata dopo circa 70 anni, passati fra guerre e tensioni costanti. Ciò accade in un ipotetico futuro dispotico ambientato all’incirca nel 2025, il quale porta alla nascita di un’economia unificata e una nuova valuta comune. Il Professore, uno stratega e criminale, arruola una banda di rapinatori per portare avanti un suo progetto. Egli è un uomo sconosciuto senza alcun precedente, il suo obiettivo è derubare la nuova Zecca di stato. Purtroppo, però, gli si presenteranno numerosi imprevisti, i quali dovrà affrontare senza esitazione.
La penisola riunificata
La cosa più interessante di questo remake è proprio l’aspetto della riunificazione, in questo modo possiamo immaginarci cosa potrebbe accadere se una situazione simile si presentasse nella realtà. La Corea del Nord rimane ancora oggi avvolta nel mistero, è quindi decisamente intrigante vederne una rappresentazione. Alcuni dei personaggi principali provengono proprio dal Nord e insieme a i coreani del Sud si uniranno alla rapina. Il passato dei personaggi è quello che rende la serie più appassionante, infatti vedremo degli scorci di vita nord coreana. Tra le limitazioni imposte al popolo, fino ad arrivare alle tentate fughe attraverso il fiume Amrok che divide il confine tra la Corea del Nord e la Cina. Inoltre non mancherà un approfondimento sui campi di lavoro, nei quali adulti e bambini, vengono sfruttati e alle volte non fanno più ritorno alle loro case.
È molto interessante vedere anche un riferimento ai BTS, ovvero i Bangtan Sonyeondan. La band sud coreana più famosa al mondo e portatrice di enorme profitto arriva a rappresentare un simbolo di unificazione per la penisola. Infatti vediamo come vengano citati dai coreani del nord nella serie, i quali tutt’oggi vengono incarcerati se scoperti ascoltare la loro musica. In questo modo scopriamo come in realtà molti, nonostante la dittatura, cerchino una via di fuga all’indottrinamento. Oltre a questo ci rendiamo conto che però questo simbolo di libertà che si cerca di far passare con l’unione della nazione, sia solo un subdolo metodo di distrazione per il popolo. Vediamo come la nuova economia vada solamente a favore dei ricchi, lasciando i più bisognosi senza lavoro oppure senza una casa. In questo modo la serie si concentra nel fare una critica al capitalismo, una realtà che in Sud Corea esiste davvero.
Le maschere
Le maschere nella Casa di Carta sono uno degli aspetti più importanti, nonostante i criminali si lascino guardare in volto dagli ostaggi, esse rappresentano il simbolo della serie. Il volto di Dalì nella versione originale, in realtà non è quello che si cerca di trasmettere, piuttosto si fa riferimento al famoso V per vendetta. Inoltre durante la serie originale vediamo un cambio nella maschere ed in seguito viene fatto un riferimento all’urlo di Munch. Il simbolo principale che cerca di trasmettere il Professore, in questo caso, è la resistenza al potere e la vicinanza al popolo: per tutto il tempo cerca l’approvazione delle persone, poiché vuole far capire che il potere di chi è al vertice può essere fermato, grazie ad un numero elevato di persone contrarie. Quindi essenzialmente nessuno è veramente invalicabile, c’è solo bisogno di avere una giusta strategia e anche un ladro può diventare un eroe.
Nel caso della Casa di Carta: Corea, vediamo sempre un messaggio legato alle maschere, le quali però si presentano diverse. La prima è la maschera principale, ovvero il volto di Yangban. Tale personaggio rappresenta una delle maschere Hahoetal, che venivano indossate durante le rappresentazioni in strada e teatrali, durante il 12° secolo. Il termine Yangban significa “Due classi”, infatti è una maschera che vuole criticare la classe nobile corrotta. Gli yangban erano una classe sociale molto popolare nel periodo della dinastia Joseon (1392-1910), essa aveva l’obiettivo di criticare i nobili con impatto. Anche in questo caso quindi vediamo come la serie voglia togliere ai ricchi per dare ai poveri, lanciando un messaggio di critica al capitalismo ingiusto. La seconda maschera che vediamo rappresenta un Festival molto importante nella Corea del Sud, lo “Young Dong Hoon Lotus Lantern Festival”, una celebrazione annuale per la nascita di Buddha, simbolo culturale riconosciuto dall’UNESCO.
Le differenze
Il remake presenta molte differenze dettate ovviamente dalla cultura diversa. Le prime si rivedono nelle vite dei protagonisti, ognuno di loro ha storie nuove. Altre le vediamo nei rapporti tra i personaggi, partendo dalla relazione tra Tokyo e Rio. La Tokyo seducente e accattivante diventa un personaggio completamente nuovo, continua a narrare, ma mette di fronte a sé il bene della missione, piuttosto che i suoi sentimenti, infatti si presenta totalmente devota alle parole ed ordini del Professore.
Per quanto riguarda Berlino, lo vediamo come un personaggio più misterioso, parla poco di sé e delle sue idee. Al contrario del Berlino che conosciamo sembra cooperare maggiormente durante la missione, anche se non manca il suo lato pazzoide. Rio, invece, ha sempre un rapporto difficile sia con Tokyo che con i genitori, ma le situazioni e le circostante sono definitivamente diverse. L’ispettrice, invece, la vediamo maggiormente artefice e orgogliosa nel suo operato, non si fa mettere i piedi in testa così facilmente, mentre il Professore appare meno preparato ad alcuni inconvenienti che gli si presentano.
Le nostre conclusioni su La Casa di Carta: Corea
Durante la visione di La Casa di Carta: Corea vediamo come le azioni di alcuni personaggi vengano sugellate da attimi di spettacolarità, che rendono la storia più avvincente. Purtroppo, però, la serie manca di dettagli, risulta in certi casi troppo velocizzata e mancante di particolari. La parte che appassiona maggiormente è proprio il passato, che però viene descritto brevemente, per lasciare spazio alla storia principale. L’opera quindi risulta ben scandita, ma carente in aspetti che riguardano la caratterizzazione dei personaggi. Nonostante ciò riesce a lasciare lo spettatore incuriosito e desideroso di sapere di più. E voi cosa ne pensate? Seguiteci su Kaleidoverse e iscrivetevi al nostro canale Telegram per rimanere aggiornati su tutte le notizie più recenti
Una serie remake dell'iconica Casa di Carta, la vediamo rappresentare la cultura coreana in un futuro dispotico di riunificazione della penisola. Un gruppo d ladri, diretti da un Professore dalle origini sconosciute, si appresta ad andare contro il capitalismo.