Qualche giorno fa, più precisamente il 20 marzo, ha fatto il suo debutto su Netflix l’ultima fatica di Shonda Rhimes – famosa per aver prodotto Bridgerton e La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton, entrambe risultato della collaborazione con la scrittrice Julia Quinn. The Residence conta otto episodi della durata di circa un’ora, e il cast comprende molti volti conosciuti, tra cui il comico Randall Park e soprattutto Giancarlo Esposito – famoso per il suo ruolo come Moff Gideon in The Mandalorian, qui nei panni del pacato A. B. Wynter.
Se The Residence è arrivato sui nostri schermi lo dobbiamo alla partnership ormai consolidata tra Netflix e la casa di produzione ShondaLand – la stessa che ha portato in vita l’universo di Bridgerton, ma anche il celebre medical drama Grey’s Anathomy, al momento disponibile su Disney+. Il tocco personale della produttrice e sceneggiatrice statunitense è inconfondibile, e si fa sentire anche in questo caso, come approfondiremo nella recensione.
Fa il suo debutto su Netflix l’ultima fatica di Shonda Rhimes.
The Residence: la trama
Durante una cena di Stato organizzata allo scopo di appianare le divergenze tra Australia e USA, alla Casa Bianca scoppia il caos quando il Chief Usher A. B. Wynter viene trovato morto nella stanza del biliardo. Mentre il consigliere del Presidente, Henry Hollinger (Ken Mariano), e la nuova Chief Usher Jasmine Haney (Susan Kelenchi Watson) cercano di mantenere segreta la sporca faccenda il più a lungo possibile, il capo della Polizia Metropolitana Larry Dokes (Isiah Whitlock Jr.) decide che è il caso di chiamare i rinforzi.
Così, fa il suo ingresso trionfale Cordelia Cupp (Uzo Aduba), una detective eccentrica appassionata di bird watching che Dokes definisce come “la migliore del mondo”. Scettico e desideroso di chiudere la questione rapidamente e senza fare troppo rumore, Hollinger cerca immediatamente di fare pressione su Cordelia perché dica che si è trattato di suicidio, ma lei si ritrova in mano delle prove discordanti. Affiancata da Edwin Park, agente speciale dell’FBI, la detective dichiara di voler parlare con chiunque abbia avuto contatti con A. B. Tra personaggi bizzarri e poco collaborativi, si prospetta una lunga notte.
Una nota di colore
Ideata da Paul William Davies e ispirata al libro The Residence: Inside the private world of the White House di Kate Andersen Brower, la serie si presenta come un giallo intricato a metà strada tra Sherlock Holmes e Poirot, con un mistero della stanza chiusa e tanti, tantissimi possibili sospetti. Di fatto, il cast è davvero molto vario, e ogni personaggio cerca di guadagnarsi il suo personale spazietto sullo schermo – e alla Casa Bianca – quasi lottando a gomitate. La presenza più ingombrante è Cordelia, per ovvie ragioni, insieme ad Edwin.
Nonostante un cast così ampio sia stato indubbiamente complicato da gestire – causando un paio di scivoloni, che esamineremo più avanti – esso è comunque pieno di individui interessanti, eccentrici e con del grande potenziale per fare colpo sullo spettatore, primo fra tutti Edwin. Le interazioni litigiose dei sospetti tra loro e con Cordelia danno spesso vita a un umorismo sottile e brillante, dal gusto vagamente british. Inoltre, la serie è molto piacevole da guardare, grazie alle stanze colorate e caratteristiche della Casa Bianca e ai vestiti eleganti degli invitati e dei membri dello staff.
Un bis della Polemica Bridgerton
Come già detto, The Residence fa parte delle scuderie ShondaLand, esattamente come Bridgerton – di cui è prevista a breve l’uscita della quarta stagione. Com’è ormai noto, la celebre serie in costume ha provocato numerose polemiche e spaccature nella propria fan base; quasi tutte legate all’uso del politically correct e all’approccio blando e banalizzante nei confronti di temi molto vicini al pubblico come la questione raziale e la parità di genere. Tuttavia, se Bridgerton può avvalersi di alcune attenuanti (per quanto deboli) come il contesto “fanta-storico” presentato nel primo episodio, la sorella minore The Residence non ha le stesse scappatoie. E, francamente, non ci va neanche tanto per il sottile.
Tranne ben poche eccezioni, i personaggi maschili – quando non ricoprono un ruolo marginale – sono rappresentati come chiassosi, privi di autocontrollo o manipolatori, anche quando dicono cose sensate. L’unico uomo con un ruolo di rilievo e allo stesso tempo con una connotazione positiva è Edwin, che però più che come partner viene trattato come un grillo parlante inascoltato e fastidioso, tra l’altro colpevolizzato in quanto tale. E tutto questo, seppur tirato per i capelli, potrebbe anche andar bene se lo scopo della serie fosse quello di trattare la spinosa questione del così detto femminismo tossico.
Se Bridgerton può avvalersi di alcune attenuanti, purtroppo The Residence non può dire lo stesso.
Peccato che il risultato sia ben diverso: tra l’atteggiamento saccente di Cordelia e le scenate della Senatrice Bix, tutto quello che ne esce è un mistero portato per le lunghe e già di per sé trattato in modo confusionario, messo ulteriormente in ombra da un banalissimo “anche le donne possono”. Poiché il fine ultimo della trama non sembra tanto la risoluzione del caso – ricordiamoci che stiamo parlando di un giallo -, quanto dimostrare che Cordelia Cupp abbia ragione come sempre.
Al di là di questa problematica, c’è poi da considerare come tutto ciò influisca sulla sospensione dell’incredulità, già ostacolata da un elemento fondamentale: la caratterizzazione dei personaggi. Un po’ a causa del numero considerevole di elementi nell’arena, un po’ per la poca cura nella scrittura di questi ultimi, per lo spettatore diventa sempre più difficile entrare nella storia man mano che questa procede, visto che i momenti in cui è davvero possibile immedesimarsi con loro si possono contare sulle dita di una mano.
Le nostre conclusioni su The Residence
Seppure sia impossibile ignorarne le problematiche, The Residence rimane visivamente piacevole e capace di strappare qualche risata e regalare alcune ore di svago, con un mistero da scoprire trattato in modo sicuramente raffazzonato, ma tutto sommato interessante. Grazie ai dialoghi serrati il ritmo della serie è rapido e aiuta lo spettatore a restare attento, sopperendo parzialmente al problema della sospensione dell’incredulità di cui abbiamo già parlato.
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Pro:
Un comparto grafico molto buono e una scenografia colorata.
Un cast di personaggi vario e divertente.
Contro:
Il tema della parità di genere banalizzato e travisato.
Un mistero mal gestito e messo in ombra dal tema sopracitato.