L’estate, al pari dell’inverno – anche se per motivi opposti – è una stagione di resistenza. Temperatura, livello di umidità, affollamenti e code interminabili scandiscono i tempi di molti che, raggiunte le agognate vacanze, danno fondo alle loro energie. Anche i protagonisti di Arthur the King compiono imprese, sfidando la natura e sé stessi, ma lo fanno in un contesto completamente diverso, come Kaleidoverse vi racconterà in questa recensione, che ovviamente vi eviterà gli spoiler.
Basato su una storia vera, Arthur the King vede alla regia Simon Cellan Jones (The Family Plan), alla sceneggiatura Michael Brandt (Quel treno per Yuma) e Mikael Lindnord (Husky) e nel cast Mark Wahlberg (The Departed), Simu Liu (Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli), Juliet Rylance (Sinister), Nathalie Emmanuel (Il trono di spade), Ali Suliman (Amira), Bear Grylls (You vs. Wild), Paul Guilfoyle (L.A. Confidential), Rob Collins (Cleverman), Alani Ilongwe (Jessica’s Big Little World), Cece Valentina (Kung fu Panda 4), Roger Wasserman (Corazón) e Oscar Best (Il tuo ultimo sguardo). Diamo un’occhiata alla trama del film.
Arthur the King: la trama
Michael (Mark Wahlberg) è un adventure racer che, dopo una bruciante sconfitta, ha deciso di mettere da parte l’adrenalina per fare il padre di famiglia. Almeno, in teoria. In pratica l’uomo non ha mai smesso di pensare alla sua ultima gara e alla vittoria sfumata. Intrappolato in una vita convenzionale che non gli piace, decide di darsi un’ultima possibilità, anche incoraggiato dalla moglie Helen (Juliet Rylance), anche lei ex-adventure racer. Così l’uomo inizia a reclutare altri corridori come lui in vista dei campionati mondiali, che si terranno nella Repubblica Dominicana.
Parallelamente, per le vie umide dell’America latina, un cane randagio vive una vita di stenti e di maltrattamenti. Michael raccoglie un team variegato, formato da ex-compagni, promesse e vecchie glorie e parte alla volta della gara, che si rivela una vera e propria avventura. Quando, però, per puro caso la strada del suo gruppo incrocia quella del randagio le loro vite cambiano per sempre: l’animale diventa Arthur e li accompagna lungo l’impervio percorso e fino al traguardo, lasciando il segno.
Una visione adrenalinica
Registicamente Arthur the King racconta la sua storia sfruttando al massimo il dinamismo dettato dall’adventure racing. Questo significa montaggio rapido, scene mozzafiato, uso di dashcam per seguire ancora più da vicino gli attori e molte riprese dall’alto, che evidenziano la piccolezza del gruppo protagonista rispetto alla vastità naturale nella quale si barcamenano. Per quanto riguarda le scene in cui a essere protagonista è Arthur, invece, la regia predilige spostare il focus proprio sull’animale in rapporto all’ambiente nel quale si muove, evidenziando le difficoltà che affronta.
La sceneggiatura – come anticipato sopra – prende le mosse da una storia vera, quella di Mikael Lindnord, e questo si vede soprattutto alla fine della pellicola, quando ai titoli di coda si affiancano immagini vere e speculari agli eventi raccontati nel film, che contribuiscono a sedimentare nei cuori degli spettatori i sentimenti che hanno maturato nel corso della visione. La trama del film, infatti, gioca molto sull’equilibrio tra azione, avventura e sentimenti, riuscendo in maniera quasi eccellente.
Il brivido dell’avventura
Possiamo dividere Arthur the King in due parti che si distinguono abbastanza bene tra loro. La prima riguarda l’avventura, la corsa e l’impresa che Michael vuole portare a termine a tutti i costi. Si tratta di una sfida che vede da una parte l’essere umano e dall’altra la natura, ma non solo. L’essere umano sfida sé stesso e sfida anche i membri della sua squadra a dare il meglio e a sopravvivere alla lunga sfida, che comprende gli ostacoli più disparati.
Lo spettatore scopre così con accesa curiosità il mondo delle corse di resistenza, con le loro regole e le loro rivalità, e non può non fare il tifo per i personaggi protagonisti della sfida, tutti uniti da Michael ma con motivazioni differenti. L’adrenalina della sfida si fonde poi anche con il concetto di sofferenza, di resistenza e di perseveranza, che si confermano come temi più che centrali nel corso della storia. e che ben si sposano con il lato più sentimentale della pellicola.
Fiducia e rispetto
La seconda parte della pellicola – che coincide con l’arrivo di Arthur – svela dietro la bravura e la tenacia dei nostri concorrenti gli aspetti più fragili ed emotivi, mettendo in luce tutta la fiducia, il rispetto e la profondità del legame che si crea in situazioni come quella mostrata, in cui la vita è a rischio nonostante si tratti di un gioco. Forse alcune scene sono leggermente stereotipate e la presenza di Arthur su schermo non ha l’impatto più giusto per lasciare davvero il segno, ma ciò che accade alla fine della gara riequilibra di molto questo sbilanciamento.
Ricordiamo che si tratta di una storia vera, quindi ovviamente non avrebbe avuto senso inserire eventi mai avvenuti, ma probabilmente alcuni aspetti – in particolar modo quelli che riguardano il rapporto tra Michael e Arthur – avrebbero potuto avere tutta un’altra spinta se fossero stati raccontati in maniera diversa e se l’accento fosse stato posto in altri momenti. L’arrivo di Arthur è silenzioso, passa quasi in sordina, e di conseguenza l’empatia da parte degli spettatori nasce in ritardo, il che è un peccato e nuoce al film.
Le nostre conclusioni su Arthur the King
Arthur the King è un film che intrattiene e riesce a conquistare sia gli adulti che i più piccoli perché fonde al suo interno sia una componente più matura che la nascita di un sentimento forte e profondo, che ha tanto da insegnare. Con una regia che vuole correre assieme agli attori e a un cast davvero stellare, Arthur the King racconta il dramma – privo però di drammaticità – dell’uomo solo contro la natura maligna, evidenziando piuttosto chi si è davvero di fronte alle difficoltà della vita. Peccato per i primi passi del cane, che avrebbero potuto avere più spessore.
Voi avete già visto Arthur the King o lo vedrete in questi giorni? Raccontateci le vostre impressioni su questo cane speciale qui su Kaleidoverse con un commento e non dimenticate di farvi un giro sul nostro sito, dove potete trovare moltissimi articoli, come la recensione di It Ends With Us, il nostro approfondimento sul grandissimo Robert Downey Jr. o la nostra personale classifica dei migliori gatcha games tratti da manga. Vi aspettiamo numerosi!
Arthur the King è un film basato sulla storia vera di Michael Lindnord e del cane Arthur che fonde il brivido dell’avventura con tutta la dolcezza di un film per famiglie. La regia è sportiva e avventurosa e segue il cast – che vede molti volti noti del cinema contemporaneo – e la storia in una gara di sopravvivenza che si sviluppa negli ambienti selvaggi e umidi dell’America latina, mentre la trama racconta di tenacia, resilienza e di un rapporto fondato sulla fiducia e sul rispetto. Il protagonista canino della pellicola entra in gioco quasi per caso – forse avrebbe meritato un’introduzione migliore – ma si ricava il suo posto senza alcuno sforzo, confermandosi nel cuore degli spettatori come in quello dei protagonisti e ribadendo come la presenza di attori a quattro zampe sia sempre una garanzia di successo.