Sarebbe pittoresco immaginare di essere nel bel mezzo di un prato in una foresta, se non fosse per tutte le nodose radici viola atte a strangolare la vita, e per gli odiosi bulbi carnosi che pulsano di un rosso tossico. Come Kena, uno spirito guida che viaggia per la terra cercando di riunire i morti, inaugurare gli spiriti nell’aldilà e, in generale, trovare una possibile soluzione ai problemi, le mie priorità principali sarebbero la valle boscosa e la sua salute. Ma per la maggior parte, purtroppo, questo significa solo eliminare tutti quei noduli rossi il cui unico scopo consiste nel rendere la Terra un pianeta inospitale.
Per quella che è solo apparentemente un’opera indie realizzata da uno studio di animazione alle prime esperienze nel magico regno dei videogiochi, Kena: Bridge of Spirits risulta essere un affare sorprendentemente elegante. In pochi casi una prima volta per degli sviluppatori ha portato dei movimenti così rapidi sullo schermo assieme a un comparto platform non aggravante, col tutto coadiuvato da un combattimento in terza persona il quale sembra una danza, scandita dal rumore dei propri colpi. Vero, nel corso dell’avventura si otterranno dei poteri extra – trasformando il bastone in un arco magico o acquisendo la capacità di lanciare una serie di bombe spirituali, giusto per citarne un paio – ma la base rimane sostanzialmente la stessa per tutto il tempo. Insomma: entra in un’arena chiusa, abbatti gli alberi contorti, distruggi i bulbi con un impulso magico e purifica l’area. Forse, un po’ pochino?
I Piccoli Rot
A rendere le cose leggermente più interessanti sono i compagni di Kena, piccole creature conosciute come Rot. Questi mostriciattoli amichevoli seguiranno minuziosamente la protagonista nel suo viaggio, distaccandosi di tanto in tanto per mostrare la retta via o evidenziare oggetti interattivi. Facendo attenzione si possono notare dei dettagli molto gradevoli, come quando fermandosi anche loro assumeranno una posizione di riposo, rimanendo sempre e comunque un passo davanti. Durante l’avventura vi sarà modo di accumularne a dozzine, avendo anche l’opportunità di personalizzarli con cappelli divertenti, sfruttando le loro capacità per risolvere enigmi e sbloccando alcune abilità peculiari legate al combattimento. A questo proposito, i Rot potranno immobilizzare i nemici, dando dunque la possibilità di cogliere di sorpresa anche quelli capaci di creare qualche difficoltà.
La versatilità di queste creature consiste anche nella possibilità di aiutare nell’esplorazione, spostando blocchi al fine di renderli utili, o riportando statue ormai distrutte all’antico splendore, scoprendo nel frattempo aree nascoste. Rappresentano soprattutto uno dei pochissimi modi a disposizione di Kena per compiere un certo salto di qualità, almeno per quanto riguarda il combattimento; di fatto, col proseguire dell’avventura, saranno svariati gli scenari in cui vi sarà modo di sfruttare i poteri dei Rot durante le battaglie. Da non sottovalutare nemmeno l’aiuto che son capaci di fornire nelle sezioni platform – alcune caratterizzate da delle scogliere meravigliosamente dipinte -, oppure nelle situazioni in cui si dovranno risolvere enigmi ambientali. Possiamo dunque dire, con buona certezza, che i Rot rappresentano l’elemento di gameplay maggiormente ispirato presente in Kena: Bridge of Spirits? Direi proprio di sì.
La meravigliosa riproduzione di Kena: Bridge of Spirits
Per mezzo di tutte le sue foreste verdeggianti, i luminosi santuari di montagna e le rovine coperte di muschio, sembra che Kena: Bridge of Spirits voglia disperatamente far passare il messaggio di essere un’opera basata su magia e mistero della natura. Sfortunatamente, l’illusione è in qualche modo infranta dalla mancanza di immaginazione e dall’assenza di qualsiasi identità originale. Tutto, dalla colonna sonora percussiva, che svolazza e trema continuamente, agli stessi spiriti Rot, riporta alla mente una delle numerose fatiche dello Studio Ghibli. Allo stesso tempo, le lanterne di carta assieme alle statue di animali e ai cancelli torii non disdegnano di strizzare l’occhio nella direzione della religione shintoista giapponese.
A questa sensazione di mancanza di immaginazione si aggiungono le molte banalità ecologiche così tanto incitate durante l’avventura. Kena: Bridge of Spirits infatti non perde occasione alcuna di ribadire quali sono i suoi due grandi temi, ossia ristabilire l’equilibrio e lasciarsi andare. A un certo punto, addirittura, un personaggio rivela di come la terra abbia iniziato a guarire. Sembra quasi si sia voluto strizzare l’occhio rimasto libero ai temi ambientalisti, senza però approcciarsi a un tema così importante con la dovuta serietà. Il che, ironicamente, è un po’ come noi esseri umani continuiamo tristemente a farlo.
Due piedi in una scarpa
A far da contro altare a tutta questa sensazione di poca originalità però vi sono le bellissime animazioni, i simpatici Rot atti a rimbalzare costantemente al fine di rimanere nei paraggi di Kena mentre corre attraverso la fitta vegetazione, e la modalità foto caratterizzata dalla emote bacio incorporata. All’apparenza sembra un’opera pensata per i bambini, e non per gli adulti che cercano di riconquistare la gioia dell’infanzia, un po’ come me. Solo che in realtà non lo è. Gli enigmi sono troppo ottusi, quindi a prova di principiante, ma i boss con battaglie multistadio risultano essere spesso complicati, o comunque richiedono qualche tentativo per sopraffarli. Di fatto, ciò che abbiamo è una via di mezzo perfettamente fabbricata, il che andrebbe bene, se non fosse così tanto percepibile.
Ciò che comunque lascia la ferita maggiormente aperta è il modo in cui Kena: Bridge of Spirits è stato impostato. Combattimenti, puzzle ed esplorazione sono finemente sintonizzati e ben oliati tra loro, non dando mai la sensazione di star passando troppo tempo a ripetere le stesse azioni, ma il gioco si attiene rigidamente a una formula che tutti abbiamo visto prima, al punto tale da poter quasi prevedere cos’andrà ad accadere di lì a poco. È un po’ come se fosse God of War del 2018, senza le raccapriccianti mosse finali; Ghost of Tsushima, senza il vasto cast di personaggi; Horizon Zero Dawn, senza il mirino tentacolare. E l’elenco potrebbe continuare. Essendo dunque composto in una maniera così confusionaria, come si può veramente pensare di essere di fronte a qualcosa di davvero magico? Come si può rimaner stupiti, se si riescono ad anticipare le mosse del gioco? Non ci sono veri segreti in Kena: Bridge of Spirits, solo collezionabili. Non c’è neanche un mistero; solo più combattimenti nell’arena.
Le nostre conclusioni su Kena: Bridge of Spirits
Prendere ispirazione va bene, anzi, dovrebbe sempre servire come punto di partenza, così da avere delle fondamenta solide. Ma spesso sembra meno che Kena: Bridge of Spirits sia stato ispirato dalle cose, e più come se avesse deciso di schiacciare il suo mondo meravigliosamente variegato da magia e spiriti in uno stampino già pronto. Il risultato, purtroppo, è una miscela sconsiderata. Vibrante e indubbiamente bello, Kena: Bridge of Spirits ci mostra tutti i colori nello spettro. Ma stranamente, sembra tutto marrone – un marrone fangoso e grigiastro derivante dall’aver deciso di mescolare tutti i colori presenti sulla tavolozza. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rimandandovi al nostro canale Telegram e a Kaleidoverse, per rimanere sempre aggiornati con film, serie TV, videogiochi, e molto altro ancora.
Tra una corsa nella fitta vegetazione e un impulso luminoso in grado di curare la Terra, il viaggio di Kena si contrappone alla necessità di salvare il pianeta da una fine che sembra già segnata. Assieme alla protagonista ci sono i piccoli Rot, creaturine simpatiche rappresentanti la chicca di un'opera che sembra purtroppo aver peccato di originalità, almeno per quanto riguarda il gameplay. A livello visivo invece è palpabile la propensione di Ember Labs verso l'animazione, per quanto anche qui facendo un pochino di attenzione si possono notare tanti legami con lo studio Ghibli. Insomma, bene come prima volta, ma si spera che dalla prossima opera potremo vedere qualcosa di veramente nuovo, e non solo bello da vedere.