Alle volte capita, parlando con altre persone o semplicemente riflettendo con sé stessi, di sentire quasi il bisogno viscerale di saziare la propria sete d’amore con qualcuno o qualcosa. Ci si sente deboli, sfiniti, tristi, soli, magari anche delusi da una vita dalla quale non si è in grado di ottenere quel grado di soddisfazione che si pensa di meritare. E quindi si finisce col ritrovarsi a letto ogni sera a guardare il soffitto, senza riuscire a trovare una motivazione al vuoto che ti logora dall’interno, finendo quasi col riconoscere la propria esistenza come futile e mera combinazione di sostanze chimiche che si alternano nell’arco della giornata. È un preambolo che offre una visione molto pessimistica, ne sono consapevole, ma è proprio la visione principale dell’amore che Eravamo Canzoni, nuovo film targato Netflix ma che trova le sue radici nei romanzi dell’autrice spagnola Elísabet Benavent chiamati Eravamo Canzoni e Saremo Ricordi la cui recensione vi proponiamo qui sotto, vuole trasmettere.
Macarena
Non potevo non entrare nel vivo della recensione di Eravamo Canzoni, senza citare il meraviglioso nominativo della nostra protagonista: Maca Rena. Esatto, si chiama proprio come quello che è probabilmente riconosciuto a livello universale come il ballo di gruppo più diffuso. (O almeno, così vale nelle varie balere d’Italia, ma mi piace pensare sia così per tutto il resto del globo).Tornando a noi, il modo in cui la ragazza vive questa situazione precaria a livello amoroso finisce inevitabilmente col riversarsi su tutti gli altri aspetti della sua vita. È schiava di un lavoro dal quale non può liberarsi, non avendo alternative valide, ma che allo stesso tempo non riesce a valorizzarla e anzi, la costringe a sostenere una condizione quasi di schiavitù; conscia di essere ferita a livello emotivo a tal punto dal non riuscire a provare sentimenti profondi per nessun’altro essere umano, ma incapace di ammetterlo con efficacia per provare a lavorare su sé stessa. E, infine, dannosamente convinta di star cambiando la propria vita, al solo scopo di sentirsi in modo ipocrita bene con sé stessa.
Tutto ciò deriva dal modo in cui la felicità che ella riteneva inattaccabile, le è stata portata via quasi senza spiegazione. Ciò che accade alla nostra carissima protagonista Maca Rena è probabilmente successo a ognuno di noi, almeno una volta nella vita, sempre apportando le giuste proporzioni. Il limbo nel quale si ritrova catapultata può essere anche solo scalfito, almeno dal messaggio che Eravamo Canzoni cerca di farci arrivare, dal ritrovamento dell’amore. Ciò che mi ha fatto storcere il naso durante la visione dunque risiede nel come il film ce la metta tutta per far sì di distorcere questa morale, cercando in tutti i modi di costruire dei personaggi che devono migliorare coltivando sé stessi, senza però insistere veramente su questo aspetto. Risulta tutto molto velato e leggero quando in Eravamo Canzoni non si parla di amore, quasi come se l’unico aspetto importante per essere felici risieda nel sentirsi amati, però da qualcun altro.
Lo sfondo di Eravamo Canzoni
Sebbene non mi dichiari un grande fan delle storie romantiche, a prescindere dal grado di cheesy stuff che si cerca di portare a schermo, ogniqualvolta mi trovo per un qualche motivo a rapportarmi col genere, finisco sempre col decidere se ho apprezzato l’opera o meno in base a un aspetto: lo sfondo. Per quello che si possa pensare con sfondo non intendo solo le storie dei vari personaggi più o meno secondari che circondano le vicende dei protagonisti ma, dato che stiamo parlando sempre di una pellicola focalizzata sui sentimenti, anche di come i colori e le ambientazioni riescano a suscitarmi delle sensazioni affini a quelle che lo schermo sta cercando di trasmettermi. Il calore, l’affetto, la rabbia, le lacrime, l’ansia e, soprattutto, la speranza sono tutti gli ingredienti che rendono un film romantico memorabile, un po’ come riesce a fare Amore & altri rimedi. Posso dunque affermare in questa recensione che Eravamo Canzoni riesca in quest’impresa?
Sicuramente ci prova, ma ritengo che gli autori di Eravamo Canzoni si siano giocati alcune carte nel modo sbagliato. Innanzitutto, il numero esiguo di scenari nei quali si svolgono gli avvenimenti è davvero fuorviante, non regalando alla vista degli spettatori quel fascino di scoprire un luogo nuovo mentre la storia fa il suo corso. Purtroppo, a causa di ciò, quei momenti magari che vengono vissuti con meno pathos risultano più pesanti, arrivando quasi a chiederci se servissero realmente quasi due ore di film per portare la trama a compimento. Si arriva a sfiorare la frustrazione quando, per l’ennesima volta, veniamo catapultati nell’ufficio dove lavora Maca Rena per seguire l’ennesima vicissitudine lavorativa. Magari, tagliando la durata dell’opera di una ventina di minuti, tutto ciò sarebbe stato evitabile? Sarebbe semplice dir di sì, visto quando dichiarato, ma la risposta è no. Questo poiché, sebbene la varietà non risieda nello sfondo inumano, sono le storie che circondano quella della nostra protagonista a rendere il nostro viaggio in Eravamo Canzoni tutto sommato valido.
La Nina, la Pinta e la Santamaria
Per quanto il personaggio di Leo sia abbastanza stereotipato, col classico ragazzo ben messo ma incapace di assumersi le proprie responsabilità allo scopo di affrontare le vicissitudini della vita (con l’attore, Alex González, che non fa nulla per rimediare a questa banalità), è la sinergia palpabile che risiede nel rapporto tra Maca Rena (María Valverde), Jimena (la meravigliosa Elísabet Casanovas) e Adriana (Susana Abaitúa) a rubar quasi la scena alla coppia apparentemente protagonista. Durante tutta la durata di Eravamo Canzoni non ho fatto altro che associare le tre ragazze alle navi con le quali Cristoforo Colombo ha affrontato il suo primo viaggio attraverso i segreti che nascondeva l’Oceano Atlantico. Senza una necessaria coesione tra le tre caravelle infatti, è facile riuscire a stimare come l’esploratore abbia avuto mille difficoltà in più nel compiere l’impresa. Allo stesso modo, le tre amiche si sostengono a vicenda, cercando di migliorare quasi allo stesso ritmo, senza mai far mancare il sostegno reciproco.
A discapito del messaggio d’amore del quale Eravamo Canzoni si fa gran portatore, emerge dallo sfondo umano dell’opera un profondo senso di amicizia che non pensavo di riuscire a cogliere. Le vicende di Jimena e Adriana non si intrecciano mai, creando due storie secondarie che proseguono in parallelo a quella principale. La prima è vittima di un trauma comprensibilmente difficile da superare, ovvero la morte del compagno. L’avvenimento l’ha scossa al punto dal farla entrare in quest’ottica di false speranze con le quali cerca, in tutti i modi più azzardati, di far resuscitare o reincarnare il fidanzato morto. Un po’ disturbante? Forse, ma Eravamo Canzoni riesce a rendere il tutto meno pesante possibile, strappando anche qualche sorriso. Adriana, invece, è il classico personaggio che segue un canovaccio classico di questo genere: sposata troppo presto, è prigioniera di un matrimonio ormai sterile. Solo che, proprio come sia Maca che Jimena, continua a mentire a sé stessa sulle possibilità di far riaccendere la fiammella della passione ormai andata in disuso. Come potete notare, dunque, le vicende che affliggono le tre amiche sono simili, rendendole l’una consapevole di ciò che l’altra sta passando. Un po’ come Cristoforo Colombo, nel 1492, era consapevole di come le sue tre caravelle fossero poste su tre rotte diverse, ma verso lo stesso obbiettivo: la scoperta. Solo che lui cercava terre sconosciute, mentre loro tre solo un modo per essere finalmente felici.
Le nostre conclusioni su Eravamo Canzoni
In sunto, direi che l’esperienza col film d’amore Eravamo Canzoni è stata sorprendentemente soddisfacente. Per carità, non possiamo gridare al miracolo, dato che rimangono molti dubbi riguardanti la coppia che dovrebbe trainare lo spettatore fino alla fine del film. Sarà la cattiva prova dell’attore di Leo, o un contesto che risulta quasi più interessante degli avvenimenti principali, è la trama di base a essere in defezione, quando si tratta di mettere in scena Maca e il ragazzo. La sinergia che circonda invece la protagonista e le sue amiche è palpabile, ottenendo come risultato un trio funzionante e coeso, capace di far suscitare allo spettatore quel calore che solo dei buoni amici riescono a dare. La poca varietà nelle ambientazioni di scena è a tratti frustrante, con alcune che vengono ripetute all’inverosimile.
Termino questa recensione di Eravamo Canzoni dicendo che, se proprio si deve decidere di realizzare un film d’amore nel 2021, non credo che la strada corretta sia quella di far passare come morale il bisogno viscerale di dover essere amati da qualcun altro. Perché, in fondo, come possiamo pretendere di amare un’altra persona, se prima non riusciamo a farlo con noi stessi? Ai posteri, l’ardua sentenza. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rimandandovi a Kaleidoverse e al nostro canale Telegram per rimanere sempre aggiornati.
Il nuovo film romantico, o d'amore, Netflix Eravamo Canzoni parte con delle solidi premesse, per poi purtroppo non riuscire a costruire una trama principale degna del contesto generale nel quale prende forma. Si percepisce proprio una mancanza di pathos tra i due protagonisti della storia d'amore centrale dell'opera, che riesce a trovare l'ancora di salvezza nella sinergia che vi è tra Maca e le sue due migliori amiche, Jimena e Adriana. Le vicissitudini che affliggono le altre due ragazze non sono affatto da meno e, anzi, nonostante il minor tempo che hanno a disposizione a schermo risultano quasi più intriganti di quelle di Maca. Pecca una varietà nelle ambientazioni di scena che rendono lo sfondo inumano, alla lunga, tedioso e quasi al limite del frustrante. Una morale retrograda e banale non rende giustizia alla trama principale che richiamava a gran voce una chiusura matura e moderna. Insomma, meglio i contorni del main dish.